L'Agnese va a morire by Renata Viganò

L'Agnese va a morire by Renata Viganò

autore:Renata Viganò [Viganò, Renata]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-21T05:00:14+00:00


FINE SECONDAPARTE

Il Comandante, Clinto e l’Agnese non andarono con gli altri. La baracca di Walter stava per allagarsi, dovettero trovare un posto per quella specie di magazzino, e questa volta lo scelsero proprio a fianco della strada provinciale, nella rimessa di una casa di contadini. Dissero che erano sfollati dal loro paese semidistrutto da un

bombardamento, inventarono una parentela: l’Agnese era la mamma di Clinto, e il Comandante un cugino di lei. Per rimediare alle risposte difficili, pagarono molto per l’affitto. Nella famiglia, non buona né cattiva, vi erano molte donne: la madre, tre figlie, una nipote. Chiacchieravano un po’ sul principio, ma il viso duro dell’Agnese le teneva a freno. Clinto e il Comandante li vedevano poco, andavano via la mattina e ritornavano la sera. - Andiamo a lavorare per i tedeschi oltre il ponte di X…, - dicevano, e mostravano le carte della « Todt ».

Il luogo aveva molte qualità negative. Era troppo vicino alla strada, in una frazione abitata da gente paurosa e tarda. Non un partigiano era venuto fuori da quelle case, gli uomini preferivano lavorare con i tedeschi, non volevano mettersi nei guai. C’era solo qualche renitente alla leva, non per fede ma per vigliaccheria, nascosto nel solaio da mesi, che per la clausura era diventato bianco e tremolante come le piantine di grano che si fanno crescere al buio per adornare i sepolcri il giovedí santo. Nessun altro apporto alla lotta clandestina.

Ma c’erano altri vantaggi: la rimessa aveva l’uscita verso i campi, e per un viottolo si arrivava a un canale nella zona allagata, e il resto della casa era occupato dal comando di una compagnia tedesca di sussistenza. Fu un’idea audace e sicura quella di metterci un comando di brigata partigiana L’Agnese riorganizzò il servizio delle staffette. Veniva no a trovarla come amiche e conoscenti, stavano con lei un poco, nelle ore buone girellavano per l’aia, si facevano vedere a far magliette di lana, e calzettine, come pacifiche comari. Quando se ne andavano, portavano via dei sacchi, o delle sporte, o delle valige. L’Agnese si ingegnava a lasciar credere di fare il mercato nero. Intanto i giorni diventavano sempre piú scuri e corti, nella valle c’era spesso la tempesta: i barcaioli partigiani, anche i piú addestrati, in serViZio di collegamento con le « caserme », faticavano a tener dritte le barche e a trovare la rotta nella nebbia.

Pioveva: gli uomini in mezzo alla zona allagata si addormentavano con la pioggia e si svegliavano con la pioggia.

Tutto il tempo sentivano il battere delle gocce sul tetto e lo sciacquare delle onde spinte dal vento dentro le stanze del pianterreno. Le voci alte non coprivano quel suono, il silenzio lo ingigantiva. Di notte molti non potevano dormire, si agitavano nelle brande, e nello spazio stretto delle stanze la loro nervosità rumorosa destava i compagni che poi non erano piú buoni di riafferrare il sonno. Si accendevano dei litigi, che degeneravano in rancori strani, complicati dalla difficoltà di intendersi nelle diverse lingue, offesi dalla vicinanza imposta, non scelta, contatto odiato di reclusi in una stessa cella.



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